Architetture letterarie. Il Laboratorio di Architettura Letteraria è un progetto interdisciplinare di Matteo Pericoli nel quale l’architettura viene usata come strumento per analizzare e comprendere meglio le storie, disegnando e realizzando progetti architettonici. La Stampa sta pubblicando una rubrica che analizza in ogni puntata l’architettura di un libro. Oggi è la volta di “Il giudice e il suo boia”, di Friedrich Dürrenmatt.

“[…] una rubrica affascinante, un progetto di Matteo Pericoli. Non so neanche da dove cominciare tanto mi ha affascinato […] La dinamica del racconto si trasforma in una costruzione architettonica vera e propria […]”

Edoardo Camurri

Qui il link alla puntata di Pagina 3:
https://www.raiplayradio.it/audio/2016/09/La-forma-dei-libri-7dd11863-0e40-4f37-ab14-ce693e5459eb.html

by Architectural Record
Up Close with the Cover of the 125th Anniversary issue


Matteo-Pericoli-Architectural Record

Architectural Record – September 2016 issue

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“Gli anni” di Annie Ernaux

Le “strutture architettoniche” del testo rivelano cose che non sapevamo di sapere

di Matteo Pericoli

 

Vi è mai capitato, leggendo un libro, di avere l’impressione di trovarvi all’interno di una struttura costruita, consciamente o inconsciamente, dallo scrittore? Con ciò non intendo il naturale processo di visualizzazione delle ambientazioni descritte nel testo, ma la netta sensazione di sentirsi immersi in uno spazio, uno spazio letterario, costruito da qualcun altro.

Nel descrivere testi letterari si usano spesso metafore architettoniche, a partire dall’architettura del romanzo. Parlare di «costruzione di un testo» rende bene l’idea del laborioso atto di concatenare una parola all’altra. Un grande architetto è capace di farci muovere nello spazio con fluidità o con circospezione; ci fa rallentare per assorbire tutti i dettagli; ci può sorprendere o rassicurare. Un grande scrittore fa lo stesso.

Sono sei anni che con i partecipanti del Laboratorio di Architettura Letteraria cerchiamo di andare a scovare le strutture letterarie dei testi che analizziamo e di costruirne dei plastici architettonici, tangibili, fatti di cartone e colla. Usando lo spazio invece delle parole, cerchiamo di capire insieme come funziona, e di cosa è fatta (se così si può dire), l’architettura di un romanzo o di un racconto, di un saggio o di un qualsiasi tipo di testo letterario. Come in un progetto architettonico – dove si ha a che fare con idee spaziali da articolare, concatenare e trasmettere; strutture di sostegno; sequenze di volumi; sospensioni e sorprese – le questioni in un testo narrativo sembrano simili: come collegare diversi piani narrativi? Come esprimere tensione? Come organizzare la cronologia? Come collegare personaggi o creare un vuoto?

Al laboratorio partiamo dal testo e lavoriamo a ritroso: rimossa la materia di un edificio (muri, divisori, coperture, vetrate, ecc.), quel che resta è puro spazio. E tolte le parole da un romanzo, cosa resta? Cerchiamo un’idea compositiva che sia alla base della forma «costruita», architettonica o letteraria.

Le intuizioni strutturali, ma anche le emozioni e le sensazioni che prova ciascun partecipante durante la lettura, vengono ripensate e tradotte in termini di spazio, proporzioni, luce, ombra, pieni e vuoti. Siamo tutti esperti di architettura, nel senso letterale di esperire lo spazio. Infatti, durante il Laboratorio, anche chi non ha mai pensato o progettato in termini architettonici si trova a produrre idee fatte di spazio compositivo. Scopriamo che usando lo spazio invece delle parole riusciamo a penetrare un testo in modo più profondo. È come se, immersi nel romanzo che stiamo leggendo, potessimo alzare lo sguardo dal libro e vedere la sua architettura che, come per magia, si è andata via via creando attorno a noi; e scoprire che, come mi ha detto una studentessa-scrittrice davanti al suo plastico finito, «so delle cose su questa storia che non sapevo di sapere».

Pezzo pubblicato in occasione della prima uscita della rubrica “Architetture letterarie” su La Stampa (poi proseguita su Pagina99).
Leggi direttamente dal sito de La Stampa.

Some images and a video from the incredible and intense, 5-day-long May 2016 edition of the LabLitArch in Jerusalem, held in collaboration with The Hebrew University‘s Department of Comparative Literature, the Bezalel Academy‘s Department of Architecture, and Da’at HaMakom (The Center for the Study of Cultures of Place in Jewish Modernity).

Images: http://lablitarch.com/2016/05/lablitarch-edition-in-jerusalem/

Video: https://www.youtube.com/watch?v=kG1weDmnPrs

Matteo-Pericoli-Divine Comedy

 

Il disegno della cosmologia dantesca
di Matteo Pericoli

Le difficoltà nel realizzare un disegno dell’intera cosmologia dantesca possono dividersi in due gruppi: il primo comprende quelle legate al contesto, doversi cioè confrontare con una mastodontica e secolare mole iconografica; l’altro contiene questioni tecniche, cioè il tentativo di risolvere problemi pratici legati alla rappresentazione di nodi narrativi apparentemente impossibili da mostrare in un unico disegno.
Del primo gruppo vale forse solamente la pena dire che un anno di ricerche è servito a identificare quelli che sarebbero poi diventati i problemi pratici da affrontare, quelli cioè del secondo gruppo.
Delle tre cantiche, come molti sanno, l’Inferno è quella descritta meglio dal punto di vista strutturale. Se chiudiamo gli occhi, possiamo immaginare un disegno a imbuto con i cerchi che vanno restringendosi dall’alto verso il basso, dove Gerusalemme è in cima e Lucifero al centro della Terra. In pratica, stiamo visualizzando una sezione trasversale di mezza sfera terrestre, nella quale Gerusalemme, appunto, sta in alto, Gibilterra a sinistra (occidente) e il Gange a destra (oriente).
Ma se la norma è di rappresentare tutto ciò in sezione, come mostrare nello stesso disegno la prosecuzione del viaggio dei due protagonisti che dai piedi di Lucifero al centro della Terra, ruotando di 180 gradi, si snoderà poi verso il Purgatorio, cioè sulla superficie della Terra, senza mostrare anche il Purgatorio in sezione? E sulla porta di accesso all’Inferno, come far notare la transizione tra mondo “reale”, quello superiore (dove si trova la selva), e mondo inferiore? Se si mostra la transizione, si deve per forza mostrare anche il mondo superiore.
E, proseguendo, come mostrare il viaggio di Dante e Beatrice attraverso i cieli, le stelle fisse e il primo mobile, per poi “atterrare” sull’ulteriore dimensione celeste (slegata e indipendente dalle tre dimensioni dei mondi finora attraversati) della rosa candida, delle gerarchie angeliche e di Dio?
Queste sono alcune delle tante e tormentate domande che inevitabilmente ci si trova ad affrontare nel tentativo di far stare un gigantesco “tutto” in un unico disegno. Domande alle quali ho cercato di dare delle risposte con omissioni, tratteggi, sezioni, piccoli trucchi e bugie narrative (fatti di prospettive che cambiano, angoli nascosti, vedute non possibili) che fortunatamente il disegno permette di raccontare. Anzi, bugie che forse il disegno spinge a raccontare quando ci si butta in un’avventura ben più grande di noi.

Just received in the mail: the two great Taiwanese editions of Windows on the World: 50 Writers, 50 Views and The City Out My Window: 63 Views on New York by Marco Polo Publishing.


A wonderful series of 4th and 5th graders’ window view drawings from Wiley International Magnet School in North Carolina.

Matteo Pericoli a Roma

di Luca Arnaudo

GUARDARE FUORI, VEDERE DENTRO
A tanti, tra i banchi di una scuola elementare, sarà capitato di ritrovarsi a lottare con il classico tema dal titolo “Guardo dalla finestra e vedo”. Ad alcuni, nelle situazioni più diverse, sarà poi occorso di sperimentare quello che, in una bella poesia di Paola Loreto, suona così: “Guardo fuori e vedo dentro”.
[…]
Nelle sue chine, raffinate e semplici, i contorni definiscono al tempo stesso oggetti riconoscibili, domestici e confortevoli, e vuoti suggestivi, a disposizione della rêverie, anche grazie a un intelligente accorgimento compositivo adottato con costanza dall’autore. Se, infatti, il mirare pensoso da una ventana oscilla tra il topos e il cliché – dal Romanticismo fino agli ultimi baluardi della figurazione novecentesca – la scelta di Pericoli di eliminare dall’immagine qualsiasi riferimento a figure rende ogni osservatore soggetto attivo dell’azione: le finestre, insomma, si aprono per noi, su mondi interni ed esterni che sono d’altri e nostri insieme.

Tricromia Art Gallery, Roma – fino al 20 febbraio 2016. Una collezione di finestre su mondi letterari, tracciate con una levità misurata e sognante. Al confine tra scrittura e immagine.

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https://www.artribune.com/report/2016/02/mostra-matteo-pericoli-galleria-tricromia-roma/