Tina Modotti
di Matteo Pericoli

Tina Modotti (Wikimedia Commons)
Di recente ho trovato grande ispirazione nel lavoro di Tina Modotti, la fotografa italiana che, all’inizio del 1900, emigra a San Francisco per sfuggire a una vita di povertà. Dopo alcuni anni in California, si trasferisce in Messico, un luogo che la influenzerà molto e dove vive gli anni più intensi e produttivi della sua vita. È lì che conosce i movimenti di sinistra messicani e artisti come Frida Kahlo e Diego Rivera (è stata modella per alcuni murales di Rivera) e dove lavora instancabilmente per documentare la vita di molte comunità rurali messicane. È stata un’attivista, una femminista e una sostenitrice dei diritti umani. Muore giovanissima, all’età di quarantasette anni.
Sono stato tre volte a vedere una retrospettiva1 della sua vita e del suo lavoro per assorbire la sua visione e la sua energia, entrambe le quali hanno contribuito a rafforzare ciò che penso del mio lavoro, cioè che l’apparente semplicità di un disegno della vista da una finestra, un po’ come la visione del mondo di Modotti attraverso le sue “fotografie oneste”, può essere un mezzo potente per trasmettere storie, punti di vista, visioni e riflessioni personali. Non si tratta di arte in sé. Infatti, Tina Modotti era molto contraria ai concetti di “arte” e “artista”, a causa “del cattivo uso e dell’abuso che si fa di questi termini2”, cosa che anch’io ho sempre pensato.
Tina Modotti si considerava “una fotografa, niente di più” e cercava di produrre “non arte ma fotografie oneste”, che è esattamente come vedo i miei disegni. Quest’ultimi non sono che il prodotto di molte linee intricate, “senza distorsioni o manipolazioni3”, usando le parole di Tina Modotti per descrivere le sue fotografie.
L’unica differenza sostanziale (e inevitabile) è il concetto di “presente”. Le sue fotografie, e la fotografia in generale “può essere prodotta solo nel presente e, poiché si basa su ciò che esiste oggettivamente davanti alla macchina fotografica, si pone come [il modo] più soddisfacente per registrare la vita oggettiva4” (Tina Modotti).

Dalla mostra “Tina Modotti: L’œil de la révolution” allo Jeu de Paume, Parigi (2024)
Tuttavia, quando mi trovo davanti alle decine di foto della vista dalla finestra che devo disegnare, devo per dilatare quell’istante, quel fugace momento presente, e allungarlo fino a farlo durare minuti, ore, a volte giorni, prima di poter iniziare a disegnare. Credo che questo momento-presente-allungato-fino-a-quasi-all’infinito sia lo stesso tipo di visione della “vita oggettiva” di cui parlava Tina Modotti. Il risultato, nel mio caso, è un disegno apparentemente semplice, un disegno la cui immobilità temporale funge da piattaforma per una storia (quella di chi guarda, di chi “possiede” la finestra). Perché il momento presente è, in fondo, tutto ciò che c’è.
- At Palazzo Roverella in Rovigo, first, and then at Camera in Turin. ↩︎
- Modotti, Tina. “Sobre la fotografía = On Photography.” Mexican Folkways (Mexico City) 5, no.4 (October-December 1929): 196-198 ↩︎
- Ibid ↩︎
- Ibid ↩︎